5 Luglio 2019 - 12.18

Arena di Verona – Con Anna Netrebko tornano i tempi d’oro della Callas

Quindici minuti di interminabili applausi e cori da stadio per omaggiare il cast stellare di ieri sera. Era la seconda recita di Trovatore con la regia di Franco Zeffirelli ed è stata un clamoroso successo.


Le tre torri formate da scudi e lance, create dal maestro per l’Arena nel 2001, risultano ancora di grande fascino e funzionalità e conducono lo spettatore in una Spagna barbarica e religiosissima.

Tutto è maestoso e gigante scintillante ed esplicito: dai due enormi cavalieri in armatura posti ai lati a bordo palco alla sfolgorante chiesa dorata che fuoriesce da una torre. Le masse si muovono decise ed irruente ed i quattro protagonisti si esprimono in maniera sanguigna e plateale, non celando alcun sentimento.

Il vero motivo d’attrazione è pero la super star Anna Netrebko, soprano russo che da più di vent’anni calca i più grandi palcoscenici del mondo e decreta i successi di tutte le recite alle quali partecipa. Ieri sera non è stata da meno ed ha riportato l’Arena ai livelli, ormai dimenticati, di quando vi cantava la Callas e le grandi compagnie di canto.

La Leonora proposta dalla Divina-Netrebko è finalmente una Leonora belcantista, tutta giocata sui fiati ed i sapientissimi legati. Ogni parola viene scandita con precisione e gli impeti fortissimi si alternano ai filati dolci a mezzavoce e pianissimo. La tecnica risulta sopraffina, insuperabile e si apprezza a dismisura il coraggio di osare, sia nel tenere più a lungo un acuto sia nel cantare in posizioni proibitive, come sdraiata o a cavallo.

La prestazione di ieri ci è sembrata una di quelle memorabili, in cui tutti gli elementi risultano in armonia ed equilibrio quasi per magia, seppur con alcune trascurabilissime imprecisioni che, per dovere, faremo presenti.

Una di quelle serate, insomma, destinate a rimanere nella storia. Come la Gioconda della Callas il 2 agosto 1947. Una sorpresa alla quale il pubblico non era abituato e che lasciò tutti a bocca aperta, decretò l’inizio di una carriera straordinaria e portò l’Arena a dei livelli di eccellenza mai raggiunti prima. Bene, ieri sera si è assistito allo stesso stupore. La Netrebko non è la Callas, ma l’evoluzione della stessa. Mi spiego: Maria era solita recitare in modo accorato, plateale, tutta ‘di nervo’, muovendo braccia e mani verso il pubblico quasi a toccarlo. Al tempo invece si cantava immobili, ci si muoveva giusto quel poco che serviva per avvicinarsi al partner o al coro e mai, comunque, durante un’aria.

La voce di soprano, fino agli anni ’40, veniva emessa in maniera dolce, accomodando il falsetto e non affondando quasi mai i suoni. La Callas invece, bisognosa di comunicare lo struggimento e l’impeto e di farlo vivere al pubblico, perfezionò la propria tecnica fino ad affondare i suoni a renderli delle lame pronte a fendere. Ovviamente il pubblico ne rimaneva profondamente toccato e scosso e da qui l’appellativo di Divina. La Signora Netrebko, sin dal suo debutto in giovanissima età, come soprano leggero ha dato prova di quella teatralità movimentata e di presenza scenica da vera fuoriclasse, ma solo ora che la voce è maturata e la tecnica ha raggiunto i livelli di perfezione scuote le anime e spettina il pubblico come in pochi son mai riusciti a fare. Non è un caso che i biglietti per le sue recite siano tutti esauriti e che l’opera di cui è protagonista venga proiettata nei cinema di tutto il mondo.

Manrico, Yusif Eyvazof, consorte della divina-russa, realizza una buona prova. La voce dalla timbrica non rotondissima si sviluppa però con volume e garbo. Il fraseggio risulta elegante ed il personaggio in scena viene perfettamente descritto, senza tralasciarne alcun aspetto.Ottimo il temperamento e la musicalità persino quando canta fuori campo, dietro la scena.


Dolora Zajic dipinge un’Azucena molto nitida e toccante anche se la voce presenta qualche squilibrio. Gravi possenti ed intubati, registro medio flebile ed acuti da mezzosoprano drammatico molto potenti. Dipinge un personaggio a tinte forti, ed il desiderio di vendetta viene reso con colori diversissimi sapientemente alternati. Persino la schizofrenia della zingara, che ama il ragazzo… che odia viene interpretata in maniera credibilissima da vera numero uno del ruolo.

Luca Salsi è un conte di Luna ben centrato, ormai rodatissimo col duo Netrebko-Eyvazof, avendo cantato Chenier alla Scala in apertura nel 2017. Si armonizza bene con gli altri protagonisti e regge la scena con notevole sicurezza del ruolo. Purtroppo ieri sera, magari a causa della troppa aria condizionata, ha fatto avvertire una leggera fatica nell’emissione e qualche tratto di raucedine, ma siamo certi essere passeggera avendolo sentito cantare sempre con strumento di primissima qualità e tecnica.

Pier Giorgio Morandi dirige con bacchetta salda ed ispirata. Le dinamiche risultano raffinate e gli accorgimenti per adeguarsi ai solisti ci paiono attenti e precisi.

La serata si è conclusa con lunghi minuti di ovazioni meritatissime ed il pubblico era giustamente galvanizzato. Nel suo complesso questo Trovatore ‘areniano’ non ha voluto stravolgere nulla, né con la regia né con la direzione orchestrale. Ciò che ha sicuramente stravolto è stata l’idea di spettacolo estivo in Arena, che sintetizzerei con Ante-Netrebko e Post-Netrebko.

M.C. & redazione

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA