27 Gennaio 2020 - 11.37

Antisemitismo ‘roba’ del passato? Per niente…

di Umberto Baldo

Francamente ritenevo che la naturale scomparsa delle generazioni che hanno vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale, unitamente al fatto che il decorrere del tempo di solito contribuisce a stemperare odi e acredini, rendesse il 27 gennaio una ricorrenza uguale a tante altre, sia pure importante. 

Pur essendo stato istituito nel 2005, quindi in tempi recenti, dall’Assemblea Generale dell’Onu, il Giorno della Memoria si riferisce a vicende storiche di 75 anni fa, che, pur dovendo rimanere per sempre ricordate come un’onta indelebile sulla coscienza dei tedeschi e di molti altri europei che si resero complici della Shoah, dovrebbero essere diventate un patrimonio comune ideale, culturale ed etico di tutti gli uomini civili. 

Purtroppo invece non è così, e dobbiamo constatare che il fantasma dell’antisemitismo si aggira ancora in Europa e nel mondo. E di conseguenza ricordare quel 27 gennaio 1945, in cui l’Armata Rossa sovietica aprì i cancelli dell’orrore di Auschwitz, diventa ancora più importante oggi, per contrastare il diffondersi di rigurgiti di odio anche fra le nuove generazioni, quell’odio che appunto 75 anni fa portò al genocidio di uomini, donne, bambini, minoranze etniche come sinti e rom, oppositori politici, persone affette da malformazioni od handicap. Ma è in particolare contro gli ebrei che in questi anni sono riaffiorati odi e rancori, che nemmeno la tragedia della Shoah con i suoi 6 milioni di vittime, è riuscita a sradicare dal vecchio Continente. E che non sia una esagerazione lo dimostrano le parole pronunciate lo scorso 25 maggio 2019 da Felix Klein, incaricato del Governo federale tedesco per la lotta all’antisemitismo: Sconsiglio agli ebrei tedeschi di indossare sempre e ovunque la kippah in Germania”. Per chi non lo ricordasse la kippah è il copricapo circolare usato obbligatoriamente dagli Ebrei maschi nei luoghi di culto. L’invito di Klein non è altro che la conseguenza dell’aumento dei reati antisemiti in Germania.  Si va dalle aggressioni alle minacce, dall’esposizione di simboli nazisti ad atti vandalici su monumenti, cimiteri, lapidi, per arrivare alla diffusione in Internet di discorsi di incitamento a sentimenti di odio nei confronti degli ebrei.  Secondo il Ministero dell’Interno tedesco la matrice degli attacchi è ascrivibile per il 90% all’estrema destra, ma certe sinistre europee non ne sono immuni. E che le cose non vadano certo bene è stato confermato da Angela Merkel, che ha dichiarato alla CNN : “Sfortunatamente, a tutt’oggi, non esiste in Germania una sola sinagoga o scuola materna per bambini ebrei che possa fare a meno della sorveglianza della polizia. Purtroppo non siamo riusciti a estirpare questi mali». La Cancelliera ha poi ricordato che l’antisemitismo è un serio problema per la Germania, Paese che ha la responsabilità storica di agire contro la crescente minaccia del populismo razzista: «Dobbiamo far fronte agli spettri del passato: dire ai giovani quali sono stati gli orrori della guerra per noi e gli altri, spiegare perché siamo a favore della democrazia, perché combattere l’intolleranza e non tollerare le violazioni dei diritti umani, e perché l’articolo uno delle nostre leggi – l’inviolabilità della dignità umana – è fondamentale per noi. Occorre insegnare queste cose a ogni nuova generazione. È diventato più difficile, ma proprio per questo dobbiamo rinnovare il nostro impegno”. Ma l’antisemitismo non è un problema solo tedesco.  Il fenomeno è in forte crescita anche in Austria, in Francia, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, e non sempre si tratta di atti eclatanti.

Le discriminazioni quotidiane spesso restano invisibili, e unitamente alle mancate denunce fanno si che le autorità competenti  spesso non riescano ad avere la percezione esatta della portata del fenomeno.Storicamente l’antisemitismo è sempre stato basato su stereotipi (insieme di caratteristiche preconfezionate attribuite dall’immaginario collettivo ad un gruppo sociale) e pregiudizi.Secondo questi pregiudizi ebreo equivale ad “usuraio”.  In realtà nel medioevo agli ebrei era interdetta la proprietà fondiaria, e poiché la Chiesa cattolica vietava ai cristiani ogni mestiere che prevedesse rapporti con il denaro, gli ebrei si trovarono quasi costretti ad intraprendere le attività di banchiere, finanziere, cambiavalute, prestatore di denaro. L’immagine di “ebreo avido” deriva poi dal fatto che i sovrani feudali utilizzavano spesso come esattori proprio gli ebrei, e poiché allora le tasse si rastrellavano con metodi piuttosto “ruvidi”, più i sovrani diventavano avidi più gli ebrei erano costretti a diventare esosi. 

Ma a fare male al popolo ebraico fu soprattutto il diffondersi dell’idea che questo gruppo etnico fosse così potente da esercitare una forte influenza sugli equilibri politico-economici mondiali.  Ne conseguì l’accusa di essere gli autori di un piano complottistico volto a soggiogare il mondo sotto il loro dominio. Queste vere e proprie “bufale” trovarono conferma per i loro sostenitori nei primi decenni del XX secolo con la pubblicazione dei “Protocolli dei Savi di Sion”, un pamphlet inventato di sana pianta dall’ Ochrana, la polizia segreta zarista, i cui contenuti totalmente falsi avevano lo scopo di diffondere l’odio verso gli ebrei nell’impero russo, “svelando” una presunta cospirazione ebraica internazionale volta al dominio del mondo.   

Nonostante la comprovata falsità dei “Protocolli”, essi riscossero comunque ampio credito negli ambienti antisemiti ed antisionisti, soprattutto fra partiti e movimenti islamisti e fondamentalisti islamici in Medio Oriente, per avvalorare la teoria della cosiddetta cospirazione ebraica. Della mitologia antisemita fanno poi parte l’immagine dell’ebreo con il naso adunco, e quella dell’ebreo divoratore di bambini. Ma perché questa rinascita di rigurgiti di antisemitismo?

Non è facile dare una risposta soddisfacente a questa domanda, ma io penso che ciò sia una conseguenza del fatto che le retoriche antisemite trovano terreno fertile in diversi settori della politica; sia fra gli attivisti dell’estrema destra che tra gli islamisti sempre più presenti nelle società europee, sia anche fra gli antisionisti di sinistra. Gli ebrei diventano cioè una specie di catalizzatore di tutte le paure conseguenti all’immigrazione di massa ed alle difficoltà economiche, e del dissenso verso le politiche dello Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese. E che il problema sia serio lo dimostra ad esempio anche il fatto che in un Paese civilissimo come l’Inghilterra addirittura il Partito Laburista, il partito  tradizionale della sinistra britannica, sia stato oggetto di una indagine formale da parte della Commissione per l’Uguaglianza ed i Diritti Umani, per verificare se il Partito avesse discriminato dei cittadini perché ebrei. Dobbiamo purtroppo constatare che del fenomeno non è immune neanche l’Italia. Episodi di intolleranza, quali graffiti e grafica, vandalismi su sepolture ebraiche/sinagoghe, e minacce sono in crescita, per non dire del Web, in cui i tweet di odio verso gli ebrei sono aumentati notevolmente, e dove l’ “antisemitismo si esprime apertamente con forme iconografiche  e lessicali estremamente aggressive e demonizzanti”, parole testuali dall’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sull’Antisemitismo. Il clima non è certo dei migliori, tanto è vero che si è deciso di assegnare una scorta alla senatrice a vita Liliana Segre, internata a 14 anni nel 1944, ed una dei pochi sopravvissuti al campo di Auschwitz.  Questa anziana signora di 90 anni, testimone di uno dei peggiori crimini dell’umanità, è oggetto di oltre 200 messaggi d’odio al giorno. Ai vecchi stilemi antisemiti se ne aggiungono di nuovi, travestiti da critiche allo Stato di Israele, con la conseguenza che l’israelofobia appare la forma più diffusa di antisemitismo nei giorni nostri, con una matrice prevalentemente di sinistra. E c’è un episodio di questi giorni, alla vigilia del Giorno della Memoria, che dovrebbe far riflettere sul punto a cui siamo arrivati, e dove ci potrà portare questa deriva. E mi riferisco all’uscio dell’alloggio di Mondovì dove vive il figlio di Lidia Beccaria Rolfi, deportata nel lager di Ravensbruck perché staffetta partigiana.“Juden Hier”, questa la scritta con cui è stata violata l’abitazione di questa testimone della Shoah; “Qui abita l’Ebreo”, proprio come accadeva in Germania ed in Europa dopo la “notte dei cristalli”, quando il nazismo portò con sé la morte della ragione. Ma questo atto ignobile e vigliacco dimostra anche la profonda ignoranza di chi lo ha commesso, perché Lidia Beccaria Rolfi  non era ebrea, e fu internata in quanto oppositrice del fascismo. A questo punto le reazioni indignate ed i cortei a mio avviso  servono a poco. Ciascuno di noi dovrebbe fare un piccolo esame di coscienza per fare il punto sull’abisso verso cui ci stiamo avviando.

Ecco perché c’è ancora bisogno del 27 gennaio, del Giorno della Memoria, perché i demoni che hanno insanguinato l’Europa sono ancora presenti fra di noi, ed è necessario “vaccinare” le nuove generazioni. Perché, come ha affermato la rabbina francese Delphine Horvilleur “l’antisemitismo non è mai un odio isolato, ma il primo sintomo di un collasso in arrivo. L’antisemitismo è la feritoia di una falla in realtà più ampia, ma è raramente interpretato come un precursore quando colpisce. Questa piaga non riguarda solo gli ebrei, riguarda l’intera società”.

Sono parole su cui riflettere.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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