13 Marzo 2021 - 19.52

Addio Raoul, che il liscio sia con te!

Ci ha lasciati una leggenda! Impietoso, il Covid 19 si è portato via anche Raoul Casadei, il “Re del liscio”, il musicista, meglio l’uomo di spettacolo, che ha portato alla ribalta un genere musicale guardato da sempre con sussiego dagli snob, portandolo fuori dagli angusti confini della Romagna, facendogli scalare anche le classifiche, come avvenne con la canzone “Ciao mare”.
Era il 1973, quando sul palco del Festival Bar, Vittorio Salvetti chiamò ad esibirsi anche l’Orchestra Casadei, ed in quella kermesse c’erano mostri sacri della musica internazionale come i Bee Gees, Paul McCartney, ed Elton John.
Fu la prima consacrazione a livello nazionale, seguita l’anno dopo dalla partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “La canta”, e nel 1975 al Disco per l’Estate. Per continuare con la composizione della sigla televisiva della Domenica In del 1977.
Un crescendo “rossianiano”, ricordato anni più tardi da Casadei con queste parole: “…Poi ho raccolto l’eredità di mio zio, e all’inizio degli Anni ’70 ho avuto un successo incredibile. Da solo vendevo più dischi di tutti quelli che erano nella mia casa discografica, la Produttori Associati, che vantava gente del calibro di Fabrizio De Andrè. Facevo 300/350 concerti l’anno. Incredibile”.
L’Orchestra girava l’Italia a bordo di un pulmino, che venne immortalato in una copertina dal magazine Tv Sorrisi e Canzoni.
Era figlio d’arte Raoul, erede di una dinastia che prese l’avvio nel 1928 con lo zio Aurelio, in arte Secondo Casadei, l’autore di una fra le canzoni popolari più famose, in Italia e forse nel mondo, “Romagna mia”, e creatore di un genere, il liscio appunto, una commistione tra valzer, mazurka e polka, che divenne il ballo delle balere della Romagna già prima della seconda guerra mondiale.
Raoul, che forse pochi sanno che per 17 anni ha fatto il maestro elementare, all’Orchestra Casadei arrivò nel 1960, e nel 1971 prese il testimone dallo zio, diventandone il leader per trentacinque anni.
Anni in cui portò questa tradizione musicale romagnola in giro per il mondo, dall’Australia al Canada, facendo così sentire il profumo della patria agli emigrati italiani.
Il liscio, una musica che sa di balera e di sudore, di sabbia e di mare, di piadina e sangiovese. Ritmi che sanno di Romagna, da non confondere con l’Emilia se non volete che da quelle parti, in quella striscia che va da Faenza a Cesena a Rìmini, vi “sparino”.
Raoul Casadei, pur avendo raggiunto un successo internazionale, rimane a mio avviso “roba per romagnoli”, roba di quella terra dalla quale “lontan da te non ci so star”.
In questo senso Raoul Casadei è diventato, ed è anche rimasto, il simbolo della “romagnolità”, uno stato d’animo difficile da comprendere per chi viene anche solo dal confinante Veneto.
Questo in fondo è stato il grande merito, la grande forza di Raoul Casadei, di essere riuscito a portare il liscio nelle balere e nelle sale da ballo di tutta Italia, però rimanendo ancorato alle sue origini, alla cultura ed alle tradizioni della sua terra, diventandone parte della sua storia.
Amo immaginare che nel giorno in cui ci ha lasciato, le radio libere di tutta la Romagna abbiano portato nelle case della sua terra le note delle sue melodie, i toni caldi e gioiosi della sua voce, i suoi “Vai col liscio!”.
In altri tempi Raoul Casadei avrebbe ricevuto dalla sua gente un addio degno di una grande rockstar, con una marea di persone ad accompagnarlo verso il suo ultimo ballo.
Il Covid non lo consentirà, ed il re delle balere se ne andrà, come accade da un anno a tanti italiani, accompagnato da pochi intimi.
Addio Raoul, resterai sempre nel cuore di chi è cresciuto al ritmo delle tue canzoni.
Il Liscio sia con te!
Stefano Diceopoli

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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