19 Ottobre 2020 - 11.18

A CORNEDO VICENTINO LA PRIMA MOSTRA A TEMA COVID

A Cornedo, nel salone nobile di Villa Trissino, sede della Biblioteca, arriva la mostra ‘Nessuno si salva da solo’. L’assessore alla Cultura, Giovanni Ambrosini:  “Una profonda testimonianza di ciò che è accaduto nei reparti Covid e del lavoro degli eroi silenziosi. Questa esposizione è anche una nostra presa di posizione contro chi nega quello che è successo e la pericolosità del virus”. Il sindaco Francesco Lanaro: “E’ la prima e l’unica in provincia di Vicenza su questo tema. E’ importante vedere quello che è successo perché insieme, conoscendo ciò che è accaduto e sta accadendo, possiamo affrontare  e superare questi momenti”. Servizio di Paolo Usinabia.

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Una mostra davvero speciale, in un periodo nel quale l’emergenza covid si sta riproponendo in Italia con tutta la sua drammaticità. A Cornedo verrà inaugurata venerdì 23 ottobre alle ore 20 nella Biblioteca comunale di “Villa Trissino”. La mostra sarà aperta fino al 29 novembre Orario di visita: da lunedì a venerdì: 14.30 – 19; lunedì e giovedì anche la mattina dalle 10 alle 12.30; Sabato pomeriggio 14:30-19; Domenica 9:30-12/14:30-19. Ingresso libero. Si accede con mascherina, igienizzando le mani e rispettando le norme anti Covid)

Saranno esposti gli scatti di Mauro Pozzer, fotografo vicentino di fama internazionale, che nel periodo drammatico del lockdown di primavera, ha visitato tutti gli ospedali dell’Ulss 8 Berica (Vicenza, Montecchio Maggiore, Valdagno, Arzignano, Lonigo e Noventa Vicentina). Un viaggio fra coloro che sono stati spesso definiti ‘angeli’ o ‘eroi’ e che tuttora sono in prima linea negli ospedali. Un viaggio fra i malati che hanno lottato contro la morte, a volte vincendo, a volte, purtroppo no. 

In una recente intervista a Pozzer così descrive il suo lavoro: “Nella mostra espositiva intendo valorizzare il personale ospedaliero, raccontando il loro lavoro, le sofferenze e le gioie di chi dedica la vita al prossimo. Sono uscito anche insieme alle ambulanze e osservato come si svolgeva la ricerca domiciliare”. Un reportage durato circa due settimane e un lavoro molto impegnativo a livello psicologico.

In un’altra intervista tutta la drammaticità del suo viaggio… “Sono rimasto pietrificato quando ho avuto accesso al sotterraneo delle malattie infettive, in uno sgabuzzino sono stati raccolti i sacchetti contenenti gli effetti personali dei deceduti, materiale che purtroppo non potrà essere restituito ai parenti perché potenzialmente infettivo e destinato all’inceneritore. In quei momenti mi sono reso conto che anche il più insignificante oggetto appartenuto alla persona deceduta poteva avere un valore immenso per i suoi familiari che non hanno potuto accudire e nemmeno stare vicino negli ultimi istanti al proprio caro. È davvero struggente… Tanto quanto è disarmante e agghiacciante passare dalla camera mortuaria dove sono stipati i corpi, in attesa delle bare, ai quali nessuno potrà mai dire addio…”

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